Mentre si attende l’arrivo della moneta digitale, c’è un aspetto che non è stato considerato: i benefici per i commercianti.
Mentre l’Unione Europea spinge sull’acceleratore della digitalizzazione e dell’addio al contante, sul campo – nei negozi, nei bar, nei mercati – il malumore cresce. Non tra i nostalgici delle banconote, ma tra chi quei pagamenti elettronici li deve accettare. E pagarli. Perché è facile parlare di modernità e tracciabilità quando si è a Bruxelles, un po’ meno quando a ogni transazione da due euro scatta una commissione che mangia profitti già ridotti all’osso.
Paradossalmente, mentre si promuove la moneta elettronica come simbolo di progresso, sono proprio questi strumenti a finire sotto accusa. A preoccupare non sono solo le commissioni Visa e Mastercard, in crescita a livello globale, ma anche le mosse del circuito Bancomat, che dal 1° luglio 2025 introdurrà un nuovo sistema di commissioni proporzionali al valore dell’acquisto.
Una decisione che suona come una beffa per tanti esercenti, soprattutto per chi lavora con importi piccoli e margini minimi. E così, mentre si demonizza il contante, molti iniziano a chiedersi se il vero problema non siano proprio i costi nascosti della digitalizzazione.
Oggi tutto ciò che passa per carte, app e wallet digitali viene considerato moneta elettronica. Ma dietro c’è sempre un intermediario: banca, circuito internazionale, gestore POS. E ognuno prende la sua percentuale. L’evoluzione tecnologica c’è, ma la struttura resta la stessa: il costo lo paga chi incassa.
L’euro digitale, però, potrebbe cambiare tutto. Sarà una moneta elettronica pubblica, emessa direttamente dalla BCE e pensata per funzionare come il contante, ma in formato digitale. La vera differenza? Sarà gratuita o quasi. È proprio questa la promessa: ridurre drasticamente le commissioni per commercianti e consumatori, tagliando fuori i circuiti privati che oggi impongono costi su ogni transazione. Un sistema più equo, soprattutto per chi oggi si trova schiacciato tra prezzi bassi e spese bancarie.
Nel frattempo, la rivolta – neanche troppo silenziosa – degli esercenti continua. Le proteste del 2022 contro l’obbligo del POS non sono mai davvero finite: hanno solo cambiato forma. Si percepiscono nei limiti minimi imposti nei negozi, nei pagamenti rifiutati con un sorriso amaro, negli sguardi stanchi di chi a fine giornata ha incassato meno di quanto ha dovuto cedere in commissioni.
Se davvero l’Europa vuole andare verso il digitale, dovrà avere il coraggio di tagliare gli intermediari, o quantomeno ridurre al minimo le commissioni come annunciato. Altrimenti, più che un passo avanti, sarà solo un’altra tassa.
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