La Corte di Cassazione ha stabilito che un licenziamento può essere considerato legittimo per l’abuso delle pause durante l’orario di lavoro.
Nuova pronuncia della Corte di Cassazione in materia di licenziamenti. Questa volta i giudici della Suprema Corte hanno stabilito che il massimo provvedimento disciplinare può essere considerato legittimo se inflitto perché il dipendente abusa delle pause durante l’orario di lavoro.
Le pause, secondo la normativa vigente, è un diritto riconosciuto dai contratti collettivi ai lavoratori, ma bisogna rispettare delle regole che possono anche essere stabilite dallo stesso datore di lavoro nel rispetto della legge. Analizziamo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza emessa lo scorso 2 aprile prendendo in esame un caso di un dipendente licenziato da un’azienda.
Il licenziamento intimato ad un lavoratore per l’abuso delle pause durante il turno di lavoro può essere considerato pienamente legittimo. A stabilirlo la recente sentenza della Corte di Cassazione (numero 8707 del 2 aprile 2025).
In particolare, i giudici della Suprema Corte hanno preso in esame il ricorso di un dipendente di un’azienda di rifiuti che era stato licenziato, dopo vari richiami, per via delle frequenti e prolungate soste in alcuni bar dei Comuni dove si trovava per svolgere le mansioni contrattuali (raccolta porta a porta dei rifiuti). La ditta prima del licenziamento aveva raccolto delle prove, assumendo un’agenzia investigativa per verificare il corretto svolgimento delle mansioni e sentendo alcuni testimoni.
Il dipendente aveva impugnato il provvedimento, ma sia in primo grado che in secondo i giudici avevano dato ragione all’azienda che aveva accertato la violazione degli obblighi stabiliti in materia di pause intermedie durante l’orario di lavoro dall’art. 8 del d. lgs. n. 66 del 2003.
La Corte di Cassazione, come riporta il sito Brocardi.it, ha confermato la decisione ritenendo legittimo il provvedimento disciplinare. Non solo, gli Ermellini si sono anche soffermati sul tema dei controlli aziendali nei confronti dei dipendenti ritenendo legittimo anche quelli mediante agenzia investigativa, ma solo se finalizzati ad accertare eventuali comportamenti che possono essere qualificati come illeciti penali o potenzialmente dannosi per lo stesso datore di lavoro.
Non solo, stando alla recente sentenza, questi controlli possono essere effettuati anche in modo occulto, ma nel rispetto del principio di correttezza e buona fede non sfociando in un vero e proprio monitoraggio delle attività lavorative.
Infine, la Cassazione ha ribadito anche che il principio della tutela del patrimonio aziendale deve essere inteso in senso ampio, comprendendo anche l’immagine esterna della stessa. Per i giudici, difatti, il comportamento del dipendente avrebbe potuto compromettere l’immagine della ditta.
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