Sempre più pensionati decidono di trasferirsi all’estero per percepire la pensione lorda, scegliendo Paesi dove il costo della vita è più basso. Ma ci sono alcune cose importanti da sapere.
‘Mollo tutto e vado all’estero’: una frase abbiamo sentito dire tante volte, o magari siamo stati proprio noi a pronunciarla. Se un tempo si parlava di ‘fuga di cervelli’, oggi riguarda sempre più spesso anche i pensionati. C’è chi, stanco delle regole pensionistiche italiane, ha scelto di godersi il frutto del proprio lavoro in luoghi dove non solo la vita è più economica, ma dove – grazie ad accordi bilaterali – l’INPS non può nemmeno trattenere le tasse sulla pensione. Ed è proprio qui che sempre più persone fanno le valigie.
Ma attenzione: non tutti i Paesi sono il paradiso che sembrano. Negli ultimi mesi, l’INPS ha intensificato i controlli sui pensionati residenti all’estero, chiedendo in alcuni casi la restituzione di somme percepite indebitamente. Il motivo? Accertare che chi riceve la pensione fuori dai confini italiani sia realmente in vita e risieda dove ha dichiarato.
È una questione di regole, certo, ma anche di convenienza. Perché se da un lato ci sono Paesi che offrono vantaggi fiscali veri e sicuri, dall’altro ci sono zone d’ombra in cui basta un documento mancante per ritrovarsi nei guai. Ecco perché, prima di partire per godersi la pensione al sole, è fondamentale capire dove conviene davvero trasferirsi.
Per percepire la pensione lorda all’estero non basta cambiare aria: servono requisiti precisi. Innanzitutto bisogna trasferire la residenza fiscale, iscrivendosi all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) e dimostrando di vivere all’estero per almeno 183 giorni l’anno. Serve un contratto d’affitto o un immobile di proprietà, un conto corrente locale e, soprattutto, il centro della propria vita deve spostarsi lì: non solo formalmente, ma anche nei fatti.
Ora, non tutti i pensionati possono accedere al beneficio della pensione lorda. Le cose cambiano in base alla natura della pensione: chi riceve una pensione privata (cioè derivante da contributi INPS da lavoro dipendente o autonomo) ha più possibilità. Paesi come Albania, Tunisia, Slovacchia, Cipro, Panama o le Canarie offrono regimi fiscali vantaggiosi, con aliquote bassissime o addirittura nulle. In Albania, ad esempio, la tassazione può essere azzerata. In Tunisia si arriva al 5%.
Per i titolari di pensioni pubbliche (ex dipendenti statali), la questione è più limitata: in base agli accordi, l’INPS può continuare a tassare in Italia, a meno che non si scelgano Paesi come Australia, Senegal o Cile, con cui esistono convenzioni specifiche.
Attenzione però: serve coerenza. Chi risulta all’estero ma vive ancora in Italia – anche saltuariamente – rischia sanzioni, controlli e la restituzione della pensione lorda percepita ingiustamente. I controlli dell’INPS sono diventati molto più serrati. Prima di partire, meglio conoscere regole e destinazioni a fondo: perché mollare tutto va bene, ma solo se poi si ha la certezza di starci dentro.
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