Tra urgenze vere e scelte arbitrarie: fin dove può spingersi chi gestisce il condominio e quando è lecito fare lavori senza assemblea?
Negli ultimi anni la scena si ripete un po’ ovunque: si torna a casa, si apre la cassetta della posta e si trova una comunicazione dell’amministratore. ‘Lavori eseguiti’, ‘intervento urgenti’, ‘fattura da saldare’. Il dettaglio che manca? Nessuna assemblea, nessuna votazione, nessun confronto. Ha deciso tutto lui. Ma può davvero farlo? E se sì, quanto può spingersi senza coinvolgere i condomini?

La questione non è semplice, perché la legge prevede dei casi in cui l’amministratore può – anzi, deve – agire da solo, soprattutto se c’è da tutelare l’edificio da un danno imminente. Ma esiste una sottile linea tra urgenza reale e scorciatoia gestionale, e sempre più proprietari si ritrovano a chiedersi se dietro a certe decisioni non ci sia un abuso di potere.
Ma in un momento storico in cui i costi condominiali lievitano e la fiducia nei gestori scricchiola a causa di molti amministratori poco leali, capire come funziona davvero questa autonomia è fondamentale.
Quando l’amministratore decide da solo: fino a dove può spingersi?
La scena è sempre la stessa: lavori già fatti, bolletta da pagare, e nessuno che ricordi una riunione condominiale. L’amministratore ha deciso da solo, e a noi resta il conto. Ma può davvero funzionare così?

Sì, in parte. Il primo passo è capire quali lavori sono stati fatti e che grado di urgenza hanno avuto. La legge gli riconosce la possibilità di agire senza l’assemblea solo in caso di urgenza reale: infiltrazioni improvvise, strutture pericolanti, situazioni che non possono aspettare. In questi casi, aspettare una convocazione significherebbe rischiare danni maggiori – e allora l’intervento immediato è non solo legittimo, ma doveroso.
Il nodo della questione è che non tutto ciò che è urgente lo è davvero. Rifacimenti programmabili, migliorie non indispensabili, piccoli guasti riparabili con calma: se l’amministratore agisce in questi casi senza coinvolgere i condomini, si espone a contestazioni. E noi possiamo far valere le nostre ragioni.
Come? Intanto chiedendo tutto: preventivi, fatture, relazioni tecniche, e soprattutto una spiegazione chiara sul perché ha deciso di fare quei lavori da solo, senza passare dall’assemblea. E se da quei documenti non emerge un’urgenza vera – un danno imminente, un pericolo concreto – allora è legittimo contestare la spesa.
Si può partire con una lettera firmata da più condomini, chiedendo spiegazioni ufficiali e magari proponendo di discuterne in assemblea. Se invece l’amministratore cerca di far approvare tutto a posteriori, si può impugnare quella delibera entro 30 giorni, con l’aiuto di un avvocato. E se le uscite ‘in autonomia’ diventano un’abitudine, si può anche chiedere la revoca dell’incarico, convocando un’assemblea straordinaria (basta una parte dei condomini per farlo).
Sia chiaro, non tutto è abuso, ma nemmeno tutto è lecito. Ma è conoscere le regole che ci aiuta a distinguere chi tutela davvero il condominio da chi, magari in buona fede, agisce oltre il consentito.